Contro le (facili) dichiarazioni di inammissibilità dell’appello

La Quinta Sezione Penale ha annullato una ordinanza della Corte di Appello di Bologna con chi veniva dichiarato inammissibile un appello per presunta aspecificità dei motivi di gravame.

Va detto che la Corte ha giudicato nel 2021 un appello avverso una sentenza del Tribunale di Reggio Emilia emessa nel 2011, quindi dieci anni prima.

Il ricorrente oltre a contestare il giudizio di aspecificità (violazione dell’art. 581 c.p.p. come novellato nel 2017): l’appello si incentrava sulla attendibilità della persona offesa e sulla mancata concessione delle attenuanti generiche, ricordava che probabilmente la Corte bolognese aveva dichiarato inammissibile appello per “esigenze di pragmatismo giudiziario”.

Una formula molto cortese per dire che la Corte preso atto del fatto che i reati si erano indubbiamente prescritti aveva dichiarato l’appello inammissibile per evitare che la giusta condanna fosse vanificata dal decorso del tempo (questa considerazione è nostra).

In attesa della cd Riforma Cartabia ci riservi un giudizio di appello a critica vincolata e che lo stesso possa essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza (tesi sempre sostenuto con grande abilità dal Presidente Canzio, presidente anche di quella Commissione) va ricordato come l’attuale giudizio di appello sia a critica libera e soprattutto il giudice di appello sia dotato di penetranti poteri di ufficio previsti dall’art. 597, comma 5 c.p.p. del tutto sconosciuti al giudizio di cassazione.

Tanto che verrebbe da pensare ammissibile una appello che di limitasse ad enunciare: “chiedo a codesta Ecc.ma Corte l’applicazione delle generiche, della sospensione condizionale e della non menzione negate in primo grado” tanto bastando ad attivare i poteri officiosi del giudice (l’appello può ancora essere redatto e sottoscritto dall’imputato).

La Suprema Corte ricorda altro principio di diritto tutt’altro che banale: l’onere di specificità dei motivi di appello è direttamente proporzionale al grado di specificità della motivazione della sentenza impugnata, nel caso di specie sostanzialmente apparenti quelli enunciati dal giudice di primo grado “difetto di elementi concretamente valutabili ai fini della concessione delle generiche”: secondo la Cassazione una non motivazione.

La Suprema Corte non ha dichiarato ex art. 129 c.p.p. la immediata declaratoria di prescrizione del reato ma ha annullato senza rinvio l’ordinanza e trasmesso gli atti alla Corte di Appello di Bologna che dovrà decidere sulla base dei principi enunciati (quindi dichiarare quella prescrizione evitata con l’ordinanza) giudicando in diversa composizione ma non in altra sezione essendo stata annullata una ordinanza e non una sentenza.

Filippo Poggi