Nel luglio scorso, dopo un lungo iter parlamentare, il Parlamento italiano ha approvato la legge n. 110 del 14 luglio 2017 che introduce il delitto di tortura nell’ordinamento italiano. La legge, pubblicata sulla G.U. n. 166 del 18.7.2017, introduce gli artt. 613-bis e 613-ter nel codice penale. In base al primo comma, chiunque, agendo con crudeltà, attraverso violenza o minacce gravi cagioni “acute sofferenze fisiche” o un “verificabile trauma psichico” ad una persona privata della sua libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la resclusione da quattro a dieci anni. Se i fatti sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, con abuso del suo potere o in violazione dei doveri inerenti alla sua funzione, la pena della reclusione passa da cinque a dodici anni.
L’articolo prevede altresì, un aumento della pena di 1/3 nel caso in cui se ne deriva una lesione personale grave o della metà se ne deriva una lesione personale gravissima.
Se dai fatti deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni 30; se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è l’ergastolo.
L’art. 613-ter prevede l’ipotesi del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio il quale nell’esercizio delle proprie funzioni, istiga in modo concretamente idoneo altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l’istigazione non è accolta ovvero se l’istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
I partiti di destra hanno espresso la loro insoddisfazione accusando la nuova legge “di criminalizzare le forze dell’ordine”mentre la sinistra italiana e il Mdp hanno parlato di una legge “inefficace”. Sia pure con ritardo, va detto che la legge viene a colmare una grave lacuna nel nostro ordinamento che si adegua così all’ordinamento internazionale ma con limitazioni tali da rendere inapplicabile la legge ai recenti casi di tortura alcuni dei quali tristemente famosi verificatisi nella caserma di Bolzaneto o della scuola Diaz. Fatti per i quali comunque la Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia per le violenze alla Diaz proprio perché l’Italia non aveva ancora introdotto nell’ordinamento il reato di tortura. In effetti, i responsabili di quei fatti vergognosi che hanno visto le forze di polizia infierire su centinaia di giovani, sono stati condannati alcuni in base alla norma penale in vigore ed altri purtroppo si sono sottratti al giudizio perché il reato si era prescritto, laddove, l’esistenza di un reato specifico – che è quello commesso dal pubblico ufficiale – avrebbe prodotto pene ben più gravi per gli autori del fatto. Un ritardo di trenta anni, tra omissioni e negligenze, rispetto alla Convenzione delle N.U. del 1984, sottoscritto quattro anni dopo dall’Italia.
Come ha rilevato Luigi Manconi, presidente della Commissione dei diritti umani e primo firmatario del disegno di legge risalente al marzo 2013, il testo licenziato dal Parlamento ha stravolto il testo originario. Un “testo impresentabile”, distante e incompatibile con la Convenzione internazionale contro la tortura – così scrivono in una nota congiunta Amnesty International e l’associazione Antigone in quanto questo nuovo testo sarebbe difficialmente applicabile in quanto limita il reato ai soli comportamenti ripetuti nel tempo e a circoscrivere in modo inacettabile l’ipotesi della tortura psichica denunciando che la legge di fatto esprime la volontà di proteggere, a qualunque costo, gli appartenenti agli apparati statali, anche quando commettono grave violazione dei diritti umani; una legge dunque non in linea con gli standard internazionali e che non risponde realmente agli impegni assunti 28 anni fa con la ratifica della Convenzione ONU.
Ottobre 2017
Nota a cura avv. E. Oropallo