In questa sentenza recentissima della Seconda Sezione Penale, viene espresso un principio di diritto di indubbia esattezza: in caso di richiesta di modifica della misura cautelare, la predetta richiesta va notificata ai sensi dell’art. 299, comma 3 c.p.p. alla persona offesa ovvero al suo difensore se nominati ai sensi dell’art. 101 c.p.p. e tale onere è previsto a pena di inammissibilità della richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare personale coercitiva.
La Cassazione ha stabilito che tale notifica può essere senz’altro effettuata, se la persona offesa ha nominato un difensore, a mezzo PEC da parte del difensore dell’imputato, richiamando giustamente le norme di cui all’art. 152 c.p.p. e 48 del codice dell’amministrazione digitale.
Non si vede infatti perché se il codice di rito autorizza il difensore alle notificazione a mezzo raccomandata a/r non possa notificare anche mediante PEC che offre non minori garanzie quanto all’invio e alla ricezione dell’atto.
Se ne deve dedurre che dovrebbe essere senz’altro ammissibile anche la notifica via PEC alla persona offesa che non abbia un difensore ma sia munita di un indirizzo PEC.
Non è affrontato nella motivazione, il che lascia perplessi ed anche un poco preoccupati, il fatto che nel caso in esame il Tribunale del Riesame avesse dichiarato inammissibile l’appello ex art. 310 c.p.p. non previamente notificato alla parte lesa. Non sembra che questo onere sia imposto dalla norma dell’art. 299, commi 3 e 4-bis c.p.p. che impone la notifica solo della richiesta presentata al GIP (o al giudice che procede) fuori udienza, ma non delle impugnazione avverso il suo provvedimento di rigetto. Certamente non dovrebbe essere neppure pensabile nel caso di riesame ex art. 309 c.p.p. stante i tempi brevissimi della procedura previsti a pena di perdita di efficacia della misura.
Filippo Poggi